La Commissione europea ha dato il primo voto favorevole per la modifica dell’orario di lavoro dei camionisti. Se la riforma venisse approvata definitivamente, significherebbe soprattutto l’aumento dei tempi di guida, con le ore di riposo diluite su quattro settimane, anziché su due. Insorgono i sindacati, che denunciano il rischio di sfruttamento dei lavoratori e di crescita del pericolo sulle strade. Ma l’Europa sembra indifferente alle proteste.
Quello su cui la Commissione europea ha votato il 5 giugno è un insieme di tre iniziative per riformare il trasporto commerciale su strada, all’interno dei confini dell’Unione. Fra queste, è inserita anche la revisione della normativa continentale sull’orario di lavoro degli autisti di camion e di bus a lunga percorrenza. Oggi, sono obbligati a osservare 45 ore di riposo all’interno delle due settimane continuative di servizio. Quello che si vuole fare invece è aumentare questo periodo fino a un mese, lasciando invariato il tempo previsto per lo stop.
“Se il voto della Commissione venisse confermato”, spiega Maurizio Diamante, segretario nazionale della Fit-Cisl, al Corriere della Sera, “il risultato sarà che tutti gli autisti staranno più ore al volante. E in più quando lavoreranno fuori dal proprio Paese, come capita sempre più spesso, con la riduzione delle soste finirebbero per vivere settimane sul camion”. In Italia sono circa 400mila i camionisti interessati dal provvedimento. Ma dall’est arrivano nuovi autisti che stanno pian piano sostituendo quelli europei, perché costano meno, non sono sindacalizzati e non si lamentano se rimangono per molto tempo lontano da casa. “Strasburgo sceglie di peggiorare le condizioni di lavoro e aiutare il dumping sociale“, commenta Diamante.
Dopo i lavoratori, a subire le conseguenze dell’allungamento dei tempi di guida potrebbero essere i singoli utenti della strada. Già oggi i camionisti passano anche 18 ore continuative sul proprio mezzo, ma con le nuove norme queste aumenterebbero, con ricadute sulla loro sicurezza e su quella di chiunque li incontri sul proprio percorso. Una relazione che, per quanto evidente, non può però essere dimostrata con statistiche e che è quindi difficile da far valere di fronte a una commissione.
Solo Italia e Francia hanno protestato contro il provvedimento. Il 29 maggio a Strasburgo è stata organizzata anche una manifestazione unitaria dei sindacati europei di categoria. Ma la reazione è stata di semplice indifferenza. Nel semestre in corso, è il turno della presidenza bulgara e così, secondo i sindacati, la lobby dei Paesi dell’Est (Bulgaria, Romania e Polonia), avrebbe potuto sostenere la decisione dei commissari. La Germania, nel frattempo, non intende preoccuparsi della questione: ormai quasi tutti i suoi camionisti sono di origine polacca. Ora non resta che il voto dell’assemblea plenaria degli europarlamentari, che potrebbe approvare definitivamente il mobility package.